A volte indagare è un esercizio di stile, altre può diventare una necessità. E così, studiare da vicino le figure professionali responsabili dell’innovazione sportiva in ambito federale è certamente una scelta significativa ai fini di una migliore cooperazione.
Ma parlare di sviluppo vuol dire anche andare oltre la ricerca e approfondire antefatti e conseguenze delle beghe decisionali caratterizzanti l’organizzazione sportiva, in vista di eventi internazionali più o meno dirimenti.
Faccio un esempio. Nel suo intervento al termine di Italia-Olanda degli Europei femminili 2023, Giuseppe Manfredi, il presidente della FIPAV, si è posto un piccolo problema (cito letteralmente). Ma noi siamo davvero la squadra più forte del mondo?
Ora, al di là del fatto che posto così non sarebbe un problema, semmai un dubbio. La domanda credo sia un’altra: il Consiglio federale ha davvero analizzato dettagliatamente quanto accaduto per trovare la soluzione migliore in tempi brevi, e superare il delicato momento, che peraltro sembra persistere?
Non lo so, ma provo a spostare il focus dell’attenzione, giusto per spiegare che puntare ai vertici mondiali cambiando le basi da cui partire, così come è stato dichiarato dallo stesso Manfredi, potrebbe dimostrarsi un tantino complicato. Tranne che tu non sia Houdini.
Al di là del numero di tesserati in crescita e dei successi internazionali ascrivibili al 2022, bisognerebbe, infatti, capire soprattutto perché la pallavolo sarebbe in salute. Questo almeno è quanto viene ribadito a vari livelli, da svariati mesi.
Se rimaniamo sulla Nazionale femminile, alla luce della situazione che si è creata tra squadra, staff tecnico e dirigenza, la prima cosa che incuriosisce sono gli elementi fondanti eventuali risposte alle fasi di transizione.
Quali sono? L’applicazione degli stessi elementi, internamente ed esternamente alla squadra, permetterebbe di generare sviluppo nei limiti delle risorse della Federazione; se programmati all’interno di un prevedibile percorso di crescita. Ma né la dirigenza, né lo staff tecnico e tantomeno la squadra si sono mai spesi nel darne conto. E non si tratterebbe nemmeno di un facile scoop giornalistico, quanto di una chiarezza personale e collettiva sui punti fermi dell’identità della squadra, alla quale è doveroso cooperare in quanto professionisti.
La salute di ciascun individuo e il benessere organizzativo sono l’elemento chiave perché costituiscono un motore di innovazione, a prescindere dalla specificità dell’ambiente di lavoro entro cui ci si impegna. Ma servono delle idee. Per cominciare: cercare di comprendere e prevedere le dinamiche biopsicosociali e identificare le principali direttrici di sviluppo della domanda di profili e competenze in un futuro medio-lungo, definito oltretutto dalla tecnologia e dall’IA.
Se l’evoluzione delle figure tipiche del settore non matcha con il progresso rischia di replicare all’infinito situazioni sempre più anacronistiche, a volte paradossali.
Mentre nella stessa Federazione a quanto pare il problema si ripropone. E si potrebbe ipotizzare che il suo fulcro non sia solo un disallineamento interno all’organizzazione, ma addirittura tra domanda e offerta, un mismatch che potrebbe persino diventare un momento di riflessione. Dopotutto, ai vertici non resta che fare chiarezza per capire cosa chiedono ad uno staff tecnico, con quali risorse e in capo a quanto tempo.
E forse persino il termine ingaggio andrebbe sostituito con una parola più adatta al contesto della Nazionale, in cui il meccanismo che elegge i dirigenti è fortemente slegato da quello che recluta i tecnici e poi gli atleti.
Comunque, tornando all’esempio di partenza, per cui la FIPAV questo mese ha comunicato "l'interruzione consensuale" del rapporto tra l’ex CT Davide Mazzanti e la Nazionale femminile di volley, penso che quantomeno in termini di responsabilità, trasparenza, etica e rispetto degli stakeholders la strada per aderire alle norme tecniche internazionali sia ancora lunga. Coinvolgere i dipendenti e favorire l’integrazione, la comunicazione e il dialogo interno sono soluzioni ben diverse da quelle che sono state trovate in tempi brevi.
Lo sport italiano è un’organizzazione che coniuga tra di loro, non solo prestazioni in campo, ma anche spettacolo, eventi, business e successi insperati. Lo scopo è quello di andare oltre tutto questo, perché il progetto che sta dietro ad una Nazionale non è il programma di un talent, così come i componenti dirigenziali e tecnici di una squadra non sono i giudici di X Factor. Nessuno sta preparando i ragazzi o le ragazze ai Live. Il misfatto in corso è conseguenza del malfunzionamento dello staff della pallavolo italiana, e semmai fosse calzante il parallelo, i giudici di X Factor 2023 si starebbero comportando persino meglio, finora.