Non solo formazione dei tecnici: management e professioni (sanitarie), oltre il caso delle ginnaste
Seguo gli accadimenti della Federginnastica da un mese a questa parte. Ho letto, ascoltato, e visto cose, sforzandomi di dare una forma orecchiabile all'ennesima punta dell'iceberg. Prendo spunto dal titolo di un articolo su Sky Sport (“Oltre il caso ginnastica: prevenzione e formazione per i futuri allenatori”), per un’affermazione laconica a riguardo, della quale, però, proverò a dare una spiegazione. Davanti un evento del genere, mi sembra sia davvero superfluo argomentare sulla formazione dei tecnici. Oltretutto, ne fanno tanta, da sempre, confrontandosi con copiosi corsi di approfondimento, alcuni più stimolanti di altri, ma comunque improntati su un’esposizione massiccia a valanghe di slide dalle più svariate impostazioni.
In casi come questo, sarebbe decisamente meglio innovare il comparto manageriale dedicato all’area sportivo-sanitaria e istituire dei corsi finalizzati a supportare i manager nella ridefinizione del loro ruolo e nella gestione del cambiamento in atto. In particolare, se pensiamo a territori come l’Abruzzo, dove la legge regionale sulla Medicina dello Sport ha integrato la figura dello psicoterapeuta nei centri di terzo livello.
L’obiettivo è arrivare a condividere un linguaggio comune, mettere a punto gli strumenti manageriali di governo, gli attori e la rete di cui abbiamo una necessità impellente, pena interventi a spot privi di ogni visione.
Considerare evidenze e riflessioni sull’assetto dell’attuale sistema socio-sportivo-sanitario induce a delineare un cambiamento organizzativo. Il resto è un cortocircuito perverso, che serve solo ad alimentare una scarsa capacità decisionale.
Con l’auspicio che le ultime vicende possano accelerare degli urgenti risvolti operativi, con annesse le implicazioni manageriali appena accennate, mi limito ad alcune semplici riflessioni nell'intento di chiarire la questione.
Oggi, praticare e promuovere le attività motorie e sportive è frutto di una consapevole scelta culturale che valorizza la corporeità non solo come cura, forma esteriore o prestazione, ma come parte dell’uomo e valore costitutivo della persona. Lo sostengono Luigi Calcerano e Francesco Casolo, in Educazione motoria e sportiva, edito da La Scuola. Difficile sconfessarli, forse impossibile.