Con la 17esima tappa Chieti-Blockhaus, il Giro d’Italia celebra la sua tappa più breve: appena 83 km e una salita finale molto dura, durante la quale gli scalatori puri sono pronti a darsi battaglia dando fondo a tutto ciò di cui dispongono.
Sì, perché come si leggeva in passato su Passione Ciclismo, la fatica e il sacrificio rappresentano le richieste in assoluto più onerose nell’ambito del ciclismo e se questo può rappresentare un dato poco entusiasmante, è pur vero che esistono delle modalità del tutto adeguate per mantenere in allenamento la capacità di gestire situazioni in apparenza sconvenienti, come quelle menzionate.
Il segnale che è ora di spingere o di rallentare e di procedere in scioltezza è di solito, anzitutto, di tipo psicologico; i pensieri che rappresentano il segnale stesso, di norma, compaiono infatti prima che vi sia un’effettiva necessità di tipo fisiologico.
Perciò, i segnali iniziali di fatica, stanchezza e dolore possono essere utilmente impiegati come indicatori di innesco di azioni predeterminate, a tutela della performance di ciascun atleta, e le specifiche risposte possono essere esercitate durante apposite sedute di allenamento, quando l’atleta sapientemente viene spinto al suo limite.
In questi termini, si leggano le parole del mezzofondista statunitense, Martin Liquori. Egli afferma che “ciò che per un corridore relativamente inesperto è dolore o disagio, è semplicemente un’informazione per un atleta di élite” e puntualizza che “se vuoi essere un campione, devi aver vinto nella tua mente ogni corsa, cento volte prima di vincerla, infine, nella realtà.”
L'articolo integrale (pubblicato su Passione Ciclismo - Mensile di cronaca, cultura, studi e storia del ciclismo, Editore E-Editing srl, Anno 3 - Numero 4 - Giugno 2009) è scaricabile gratuitamente cliccando qui.
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